Partnership e collaborazione nei progetti europei

Lavorare in un mondo complesso

Nei precedenti capitoli abbiamo posto un’enfasi particolare sulla dimensione tecnica dei progetti, ovvero su come concepirli e strutturarli in modo efficace, su come analizzare i problemi e le opzioni di intervento disponibili, su come sviluppare attività e indicatori significativi.

Come già ricordato, non si tratta di un processo “autarchico”, ma di un lavoro che parte da un’analisi approfondita del contesto di riferimento e degli attori che vi operano. Abbiamo proposto, a questo scopo, alcuni strumenti quali l’analisi degli stakeholder, l’analisi SWOT e i diagrammi “a ragnatela”.

In questo nuovo capitolo vogliamo approfondire maggiormente la dimensione “sociale” dei progetti.

I progetti europei sono infatti grandi “lavori di gruppo” che richiedono una continua interazione tra persone, gruppi e organizzazioni, tanto in fase di concezione quanto in fase di realizzazione. Questo permette di ampliare la portata e la qualità degli interventi, di imparare gli uni dagli altri e di innovare, ma rappresenta anche un elemento di complessità addizionale che può generare stress e motivi di potenziale conflitto. Gli aspetti di cooperazione e coordinamento possono assorbire molte energie (positive e negative) e rappresentano un determinante fattore di successo (o insuccesso) nei progetti europei.

Forniamo dunque, a seguire, alcuni suggerimenti e strumenti per gestire al meglio questi aspetti.

Altri spunti più pratici legati alla stessa tematica sono affrontati nei capitoli seguenti: Prepararsi al progetto | Presentare un progetto | La rendicontazione nei progetti europei.

Partnership e collaborazione: farsi le domande giuste

Quando partecipa a un progetto europeo, ogni organizzazione mantiene la sua missione, i suoi valori, i suoi bisogni, le sue attività correnti e le sue priorità. Partecipare a un progetto europeo rappresenta un impegno aggiuntivo e un dispiego di energie addizionali. È dunque importante coinvolgere i partner giusti, i cui interessi siano allineati con quelli del progetto e che abbiano i presupposti per mantenere l’impegno richiesto. A questo scopo, è opportuno valutare i seguenti aspetti e porsi le seguenti domande.

  • Rilevanza. Il partner è rilevante per il settore e per l’attività del progetto? Porta risorse, competenze o specializzazioni utili a realizzarlo? Il suo coinvolgimento e la sua partecipazione sono necessari? O al contrario, è necessario coinvolgere altri partner per avere le competenze e le risorse che servono per il progetto? Oltre alle competenze tecniche, la partnership (e in particolare il suo capofila) ha sufficiente esperienza nella gestione di progetti europei?
  • Diversità. Il progetto e i partner che lo animano portano esperienze e input professionali vari e complementari? Un progetto dagli intenti troppo “routinari” o dalla partnership troppo omogenea è difficilmente in grado di distinguersi, creare qualcosa di nuovo e guidare un cambiamento.
  • Opportunità. Qual è la dimensione ottimale della partnership? Occorre individuare il “trade off” tra il bisogno di includere risorse e competenze e la necessità di evitare un numero troppo alto di partner, che implica un eccessivo impegno di coordinamento. La demarcazione tra gli ambiti di specializzazione e responsabilità dei partner è chiara o esistono evidenti duplicazioni?
  • Rischi e criticità. Quale missione e quali interessi ha ciascun partner di progetto? Esistono tra i partner possibili fonti di conflitto o rivalità? Esistono asimmetrie tra i partner in termini di potere, risorse e capacità? I vantaggi di una collaborazione sul progetto sono sufficienti a superare eventuali ostacoli? Esistono forme di collaborazione e gestione della partnership più appropriate per rimuoverli o eliminarli?
  • Governance. Come e da chi vengono prese le decisioni sulle attività e sulle risorse del progetto? Le persone adibite godono della stima, della fiducia e del consenso di tutta la partnership? Sono in grado di comprendere e gestire le diverse sensibilità e forme organizzative dei partner di progetto? Sono adatte a guidare i cambiamenti che necessariamente avvengono durante la vita di un progetto? Esistono un sistema di monitoraggio e reportistica, dei dati e delle regole per guidare le decisioni e l’allocazione delle risorse comuni? Esiste un adeguato spazio di negoziazione tra partner per esprimere e affermare diverse opinioni?

Questi aspetti devono essere tenuti presenti nel creare la partnership e nel predisporre il documento che riassume i reciproci impegni tra i partner, ovvero l’accordo di partenariato.

Considerazioni simili possono essere estese al di fuori della partnership. Attori non coinvolti nella partnership possono infatti beneficiare, partecipare, collaborare o agire in modo sinergico rispetto alle attività del progetto. La mappatura degli stakeholder permette di identificare tutte le organizzazioni che orbitano intorno al progetto, che ne sono coinvolte o che ne possono apprezzare i risultati, e di collocarle in ruoli diversi e funzionali alle attività del progetto, non necessariamente nel ruolo di partner.

Esistono una vita e delle relazioni del progetto anche al di fuori della partnership: attraverso le domande proposte, opportunamente adattate alle diverse situazioni, è possibile valutare quali attori vadano effettivamente inclusi nel perimetro d’azione del progetto, o tralasciati, per assicurare una buona interazione tra il progetto e l’ambiente circostante.

Chiarirsi su obiettivi e strategie, pensare al “sistema”

La partnership è dunque un elemento necessario in quasi tutti i progetti europei, ma non deve essere un “matrimonio forzato”. Una buona collaborazione nasce da obiettivi, strategie e aspettative chiari, comuni e condivisi. Un disallineamento su questi aspetti basilari può comportare ritardi e problemi nella realizzazione delle attività, sul carico di lavoro di altri partner (in particolare del capofila), sui risultati del progetto e sull’erogazione del finanziamento. L’allineamento tra i partner può essere valutato attraverso le seguenti domande.

  • Visione. I partner del progetto hanno una visione comune del cambiamento che intendono realizzare, sia in generale, sia attraverso il progetto? Hanno obiettivi e interessi comuni su cui costruire la loro collaborazione e il progetto?
  • Aspettative. I partner hanno aspettative simili riguardo a cosa il progetto potrebbe portar loro (benefici, apprendimento, impatto sull’attività e sul settore in cui operano) e lo considerano commisurato all’impegno e alle risorse che dovranno dedicarci?
  • Agenda. L’allineamento generale rischia di non concretizzarsi a causa di punti specifici che possono creare tensioni? Ad esempio, rivalità o competizione tra organizzazioni, possibili evoluzioni divergenti del loro modo di lavorare, ostilità o poco impegno da parte di specifiche persone?
  • Strategia. Gli obiettivi e il progetto valorizzano e sviluppano i punti di forza dei partner? Il progetto risponde a problemi e aiuta a risolvere debolezze che i partner avvertono effettivamente nella loro attività o settore? Il progetto sfrutta opportunità ed energie che essi avvertono come importanti per creare un “effetto leva” comune?
  • Energia. Il progetto è in grado di mantenere alto il livello di “energia” dei partner e degli attori interessati, fin da subito e per tutta la sua durata? È in grado di creare risultati positivi immediati (o almeno continuativi) e “storie di successo” condivise, che creano fiducia reciproca e motivazione a continuare?

Queste domande, e in generale quanto i partner di progetto applicano tra di loro, deve trovare una risposta convincente anche nelle relazioni tra il progetto, i suoi stakeholder e altre organizzazioni che operano nel settore, a tutti i livelli:

  • La visione, è una visione condivisa (o che può essere condivisa) dalle istituzioni comunitarie, dagli attori europei del settore, dagli attori del territorio in cui operano i partner, da chi opera nel settore e da chi dovrebbe beneficiare dei risultati del progetto? O, al contrario, ci si può aspettare scetticismo, contrarietà o reazioni avverse da alcuni di loro?
  • Le aspettative dei partner contemplano un valore aggiunto e un effetto positivo anche di insieme, per il “sistema” in cui opera l’organizzazione (a livello settoriale, locale ed europeo)?
  • L’agenda dei partner in merito al progetto proposto può entrare in conflitto con quanto alcuni individui, organizzazioni o istituzioni vorrebbero o potrebbero realizzare?
  • La strategia risulta convincente anche a chi non partecipa al progetto, perché sviluppa punti interessanti, risolve debolezze che anche altri avvertono e può estendere i suoi effetti su ampia scala?
  • L’energia creata dal progetto si trasmette anche a chi lo vive dall’esterno, come beneficiario, collaboratore, simpatizzante o semplice osservatore? Un progetto di successo è in grado di creare consenso e collaborazione crescente (e perché no, un processo di imitazione) in un territorio o in un ambito tematico.

È difficile elaborare un progetto di cui tutti, universalmente e trasversalmente, siano entusiasti e da cui tutti ricevano un beneficio: occorre scegliere adeguatamente il proprio “target” e i propri interlocutori di riferimento. Se il progetto può creare dubbi o resistenze, e questi non hanno a che vedere con il valore intrinseco dal progetto, ma possono avere un impatto negativo sulla sua attuazione, è necessario introdurre misure correttive, di coinvolgimento e di sensibilizzazione.

Proponiamo a seguire alcuni strumenti che permettono di analizzare in modo più approfondito eventuali situazioni di conflitto e collaborazione, all’interno e all’esterno della partnership di progetto, per gestirli in modo appropriato in fase di preparazione e durante la vita operativa del progetto.

La teoria delle “Sette C”

Il primo strumento concettuale che proponiamo prende spunto dalla biologia:

“La forma di interazione fra due o più essere viventi può essere schematizzata nelle sette diverse tipologie descritte nello schema e che iniziano con “C”. Questa struttura è utile per definire non solo la relazione dei diversi soggetti presenti in un sistema e la relazione fra essi e gli esterni al sistema, ma anche per definire il tipo di interazione che il soggetto esterno avrà con ciascuno degli stakeholder locali.” (Fonte: J. Schunk, Il ciclo del progetto, gennaio 2022).

  • Competizione. Esiste un conflitto fra le parti. Una parte cerca un vantaggio sull’altra e deve risultare più forte dell’altra. La lotta è necessaria alla sopravvivenza.
  • Coabitazione. C’è equilibrio e reciproca autonomia. Non c’è lotta né interferenza. Il potere tra le parti è simile e ciascuno può vivere senza l’altro.
  • Coordinamento. Le parti sopravvivono una senza l’altra e mantengono i propri comportamenti e le proprie posizioni, ma hanno convenienza ad aiutarsi reciprocamente (ad es. con informazioni).
  • Cooperazione. Le necessità delle parti richiedono un avvicinamento, una negoziazione e un comportamento adattato (da entrambe le parti). Una parte necessita dell’altra per sopravvivere.
  • Complementarità. Piena integrazione (o fusione) tra le parti. Ogni parte pensa al beneficio comune prima del proprio. Appartenere a una entità comune è necessario alla sopravvivenza.
  • Controllo. Una parte (più debole) perde la sua autonomia perché l’altra parte (più forte) esercita una forma di controllo su di essa.
  • Condizionamento. Manipolazione di una parte da parte dell’altra, attraverso varie forme di condizionamento (fisiche, economiche, morali, psicologiche, ecc.).

È evidente che il Coordinamento e la Cooperazione sono le dimensioni tipiche di un progetto, ma in ogni progetto (come in ogni interazione umana e naturale) c’è spazio per tutte le possibili modalità. È importante riconoscerle, superare possibili visioni iper-ottimistiche (la collaborazione non è l’unica forma di interazione possibile) e far evolvere le relazioni, sia durante la fase preparatoria del progetto, sia durante e dopo la sua vita operativa. I progetti europei hanno tra il loro scopi quello di far nascere ed evolvere le relazioni tra gli attori in un settore e territorio.

La mappatura degli attori: metodi di analisi

La mappatura degli attori, o analisi degli stakeholder, può essere attuata attraverso vari metodi. Uno è già stato proposto nel capitolo precedente e prevede, per ciascuna organizzazione, una breve descrizione:

  1. dell’organizzazione stessa,
  2. degli interessi e dei problemi che la coinvolgono,
  3. delle sue capacità e dei suoi possibili stimoli al cambiamento,
  4. delle possibili azioni che possono essere usate per suscitarne l’interesse.

La matrice che emerge da questa analisi può essere utilizzata in vari modi: come strumento descrittivo, strategico e operativo; come piano di attività per chiarire le reciproche aspettative e priorità; per assicurare un buon funzionamento del progetto, tra i partner e con il mondo circostante.

Esistono altre versioni, ugualmente efficaci e complementari, di matrici di analisi degli stakeholder. Alcuni esempi interessanti sono stati adottati dal sistema di project management della cooperazione tedesca. Uno di questi è la matrice delle 4A, che presenta:

  1. una breve descrizione di ogni Attore (la prima “A” della matrice),
  2. la sua Agenda (ovvero la sua missione, i suoi obiettivi e le sue probabili evoluzioni strategiche),
  3. la sua Arena (ovvero il contesto specifico in cui opera, l’ambito in cui ha una reputazione e può esercitare capacità e influenza),
  4. le sue Alleanze (ovvero le relazioni che ha con altri attori, positive e negative, rilevanti per il progetto).

Un altro esempio è la matrice PIANO, che non riguarda tutti gli attori ma solo i partner di un progetto, in quanto gruppo. Nel predisporre una matrice PIANO, i partner analizzano congiuntamente i seguenti aspetti:

  1. i Prodotti (P), ovvero gli output concreti che intendono realizzare insieme,
  2. gli Incentivi (I), ovvero i benefici e le aspettative che motivano ciascuno di loro a partecipare al progetto,
  3. gli Attori (A), ovvero le specificità della missione di ciascun partner in merito al progetto comune che si intende realizzare,
  4. le Negoziazioni (N), ovvero le regole di comunicazione interna, di gestione del progetto, di assunzione di responsabilità e di decision-making che regolano le relazioni tra i partner,
  5. gli Orientamenti (O), ovvero la visione comune che i partner intendono adottare sul progetto, sentita e condivisa tra tutti.

La matrice può essere redatta in più sessioni e a più riprese, perché uno dei suoi scopi è quello di far emergere possibili elementi conflittuali o di disaccordo che occorre risolvere.

La mappatura degli attori: una rappresentazione grafica

Per rappresentare visivamente la varietà di attori attivi su un progetto, la loro appartenenza e la natura delle loro relazioni viene utilizzato uno specifico diagramma circolare, detto “a occhio di bue”.

  1. I settori dell’“occhio” possono essere usati per identificare la natura del partner o dell’attore (ad esempio: settore privato, istituzioni pubbliche e società civile) o il suo settore d’intervento (ad esempio: educazione, animazione giovanile e comunicazione).
  2. I cerchi concentrici dell’”occhio” possono essere usati per identificare il grado di prossimità e coinvolgimento nel progetto di ciascuno degli attori, ad esempio: partner di progetto nel cerchio più interno; attori chiave direttamente coinvolti nel progetto nel cerchio intermedio (gruppi-target o enti che beneficiano del progetto, vi collaborano direttamente o hanno su di esso un impatto operativo o decisionale); attori secondari nel cerchio più esterno (soggetti la cui relazione con il progetto è solo indiretta e temporanea).
  3. Gli attori possono poi essere tra loro collegati con linee che ne identificano il tipo di interazione reciproca, ad esempio utilizzando le tipologie illustrate nel più sopra (le “Sette C”), o una loro versione più semplice.
  4. Infine, ogni attore può essere identificato da un simbolo che ne illustra la natura, il settore d’intervento, il ruolo o la relazione con il progetto, in sostituzione delle soluzioni grafiche precedentemente elencate (qualora il loro utilizzo contemporaneo risultasse poco chiaro ed efficace o si volessero evidenziare caratteristiche aggiuntive).

Il diagramma qui sotto fornisce un esempio di come realizzare una semplice mappatura degli attori, a partire dal caso di studio proposto nel capitolo precedente: un ipotetico progetto a favore di una comunità fluviale povera, il cui equilibrio economico (proventi della pesca) e ambientale (salute dei cittadini) è minacciato dall’inquinamento del fiume.

In questo esempio, una grande impresa, un ateneo, un’Associazione e un’Agenzia locali si riuniscono in un partenariato per testare nuovi sistemi di filtraggio e trattamento delle acque. Cosa emerge dal diagramma?

  • Da una parte, è possibile che la varietà del partenariato (che riunisce organizzazioni con obiettivi e visioni molto diverse) costituisca un elemento di serietà e contribuisca a creare consenso intorno al progetto. Ogni partner può valorizzare il suo “capitale sociale”, le sue competenze e le sue buone relazioni con gli attori di un ambito specifico. La complementarietà tra partner è molto alta ed è funzionale al perimetro di soggetti con cui il progetto può (e dovrà) interagire, che è molto vario ed esteso.
  • Dall’altra parte, c’è il rischio che la diversità delle organizzazioni partner, unita a possibili rivalità e incompatibilità esistenti a livello locale, crei una base instabile e conflittuale per l’elaborazione e la gestione di un progetto comune. C’è il rischio che la piccola associazione si trovi isolata all’interno del partenariato di progetto, in termini di capacità operative, di relazioni e di peso decisionale. Occorre un lavoro importante per definire visione, obiettivi, attività e finalità comuni, e per costruire una struttura di gestione del progetto partecipativa ed efficace.

Per ingrandire, cliccare sull’immagine.

Assegnare ruoli e responsabilità

Una volta individuata la partnership e chiarite le forme di collaborazione e interazione con gli altri attori attivi nel settore e sul territorio, è necessario assegnare loro ruoli e responsabilità. Questo può essere fatto man mano che vengono definite le attività del progetto e i “pacchetti di lavoro” (work package) di riferimento.

Un primo passaggio consiste nell’affiancare a ciascuna delle attività elencate nel classico diagramma di Gantt una quantificazione delle risorse materiali e delle giornate di lavoro necessarie. Lo schema può essere ampliato e dettagliato man mano che vengono definite in modo più specifico le attività e gli approcci. Va costruito parallelamente al budget di progetto (il tema è approfondito qui e in altri capitoli di questa sezione).

A seguire, la pratica dei progetti europei (mutuata dalla scienza dell’organizzazione) prevede l’elaborazione di una “matrice di assegnazione delle responsabilità”. Queste matrici (ne esistono di vari tipi) incrociano la lista di attività di progetto con l’insieme delle figure-chiave del progetto (e/o con i suoi partner).

Per ogni attività viene definito quale figura è (o quali figure sono) incaricate di un aspetto specifico relativo a tale attività. Le dimensioni di analisi possono cambiare a seconda del tipo di matrice utilizzato. Tra le più diffuse ricordiamo le seguenti: i loro nomi rappresentano l’acronimo dei livelli di responsabilità identificati.

  • La matrice “RACI” richiede di individuare per ogni attività chi è Responsible [R] (incaricato di eseguirla), Accountable [A] (responsabile della sua esecuzione), Consulted [C] (impegnato a collaborare ed aiutare) e Informed [I] (mantenuto al corrente durante l’esecuzione e informato al completamento dell’attività);
  • La matrice “PARIS” richiede di individuare per ogni attività chi è Participant [P] (partecipa all’esecuzione dell’attività), Accountable [A] (ne è il responsabile ultimo), Review required [R] (è tenuto a darne una valutazione tecnica), Input required [I] (è tenuto a fornire contributi tecnici) e Sign-off required [S] (è tenuto a darne un’approvazione finale e formale);
  • La matrice “RAPID” richiede di individuare per ogni attività chi deve Recommend [R] (fornire gli elementi necessari a una decisione), Agree [A] (prendere formalmente la decisione), Perform [P] (realizzare quanto deciso), Input [I] (fornire elementi e informazioni necessari alle altre funzioni), Decide [D] (essere responsabile dell’azione e assegnare le responsabilità).

Come utilizzare questi strumenti

Strumenti analoghi a quelli citati si trovano anche nella Guida OpenPM2 proposta dalla Commissione europea e nei materiali d’uso che essa fornisce.

Sono strumenti pensati per essere utilizzati, ad esempio, nell’ambito di riunioni o workshop in cui si discute l’opportunità di sviluppare partnership e progetti congiunti; o come base per documenti condivisi in cui vengono espresse potenzialità, bisogni e orientamenti della partnership.

Più che un valore in sé, questi strumenti hanno un valore come stimolo alla riflessione (e all’azione) nel costruire una buona partnership di progetto e nell’affrontare gli imprevisti della vita di un progetto legati al fatto di lavorare insieme ad altri attori e persone (a volte molto diversi), in un mondo circostante complesso, in cui occorre interagire con una pluralità di altre iniziative, interessi e organizzazioni.

La gestione della partnership e il Consortium Agreement

Le relazioni tra i partner di un progetto sono regolate da un documento chiamato Accordo di Partenariato (Partnership Agreement) o Accordo di Consorzio (Consortium Agreement). Utilizziamo “Consortium Agreement” in quanto “Accordo di Partenariato” (o Partnership Agreement) è una denominazione che può riferirsi a documenti diversi (come indicato nel nostro Glossario).

La stipula di un Consortium Agreement può essere obbligatoria nell’ambito di alcuni programmi e bandi europei, ma non esiste un modello ufficiale o universale di Consortium Agreement, per varie ragioni. Infatti i progetti europei riguardano temi, settori e tipi di attività molto diversi tra di loro, e possono coinvolgere partner molto diversi per tipo di organizzazione, impegni e responsabilità che possono assumersi e specifiche disposizioni contrattuali di cui necessitano. Inoltre, trattandosi di un documento soggetto a molte variabili e che regola una relazione tra privati, la Commissione europea e le Autorità di Gestione non impongono, né propongono o suggeriscono, specifici modelli di riferimento. In ambito italiano esiste una forma contrattuale specifica per la realizzazione di progetti comuni tra enti del Terzo Settore, l’ATS (Associazione Temporanea di Scopo), che può essere utilizzata per formalizzare ulteriormente gli accordi presi nell’ambito di un Consortium Agreement.

Il documento più vicino a un “modello ufficiale” di Consortium Agreement è proposto da un’iniziativa chiamata DESCA (Development of a Simplified Consortium Agreement), che ha sviluppato un modello di Accordo di Consorzio considerato completo e affidabile dalla comunità di attori che lavora sui progetti europei e dalle stesse istituzioni europee.

Il modello DESCA è, nel suo genere, semplice, completo e relativamente flessibile, con diverse opzioni, moduli e clausole alternative. Viene presentato sia in una versione editabile (documento Word), sia in una versione che fornisce commenti e chiarimenti sulle clausole proposte (documento PDF).

Tuttavia nasce in uno specifico ambito di riferimento, quello del programma Horizon Europe, per il quale è stato specificamente progettato. Questo implica che può risultare troppo specifico e complesso per altri tipi di programmi europei, come Erasmus+, Europa Creativa o CERV. Per questi programmi il modello DESCA può comunque rappresentare un punto di partenza e di ispirazione. Le sue diverse clausole, sezioni e opzioni si possono adattare (e in molti casi semplificare) sulla base delle esigenze specifiche del progetto e dei partner. Dopotutto, trattandosi di un modello, DESCA nasce proprio per essere modificato e adattato, anche e soprattutto nel caso in cui venga utilizzato per ambiti diversi da quelli per i quali è stato sviluppato.

Utilizziamo dunque le principali sezioni del modello DESCA per fornire un’idea di base in merito ai contenuti più importanti e “classici” di un Consortium Agreement, con alcuni consigli tratti dalla sua versione “commentata”. Nella sintesi che forniamo qui di seguito cerchiamo di semplificare le disposizioni del modello DESCA, per renderle più generali e applicabili alla maggior parte dei progetti.

Si consiglia di firmare il Consortium Agreement prima della firma del Grant Agreement (ovvero del contratto che ufficializza l’assegnazione del progetto e la sovvenzione), e se possibile di concordarne gli aspetti principali già prima dell’invio della proposta. Normalmente una bozza di Grant Agreement (sulla cui base impostare vari aspetti del Consortium Agreement) è disponibile tra i documenti di riferimento presenti (ad esempio) su Funding&Tenders o tra gli allegati del bando.

1. Definizioni e Scopo. È innanzitutto necessario mettersi d’accordo sulla terminologia, mantenendola in linea con quanto utilizzato nell’ambito del programma, del bando e del Grant Agreement. Esempi: definizione di Progetto, di Capofila, di Partner, di Partner Associato, ecc. – cui aggiungere una definizione degli aspetti più importanti per regolare l’attività di progetto e i vincoli reciproci tra i partner. Tra le definizioni non può mancare lo scopo del Consortium Agreement, che può essere definito in modo relativamente standard: specificare, relativamente al Progetto, la relazione tra le Parti, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro tra le Parti, la gestione del Progetto, i diritti e gli obblighi delle Parti (reciproci e in merito al Progetto) e la risoluzione delle controversie. Inoltre, in apertura del documento, è opportuno definire i documenti cui il Consortium Agreement è gerarchicamente e logicamente vincolato, come ad esempio il Grant Agreement, il bando, i regolamenti relativi al programma e alle sue modalità di gestione.

2. Entrata in vigore, durata e risoluzione. Si tratta di aspetti importanti in quanto l’attività di progetto è un “continuum” in cui ci può essere poca chiarezza su date di inizio e fine dei diritti e degli obblighi reciprocamente assunti dalla partnership. Si consiglia, anche in questo caso, di allinearsi a date, durate e vincoli previsti nell’ambito del Grant Agreement, con una maggior finestra temporale per includere attività preparatorie (es. presentazione del progetto, fornitura di documenti, risorse e autorizzazioni) e successive alle attività di progetto (es. disseminazione, prosecuzione delle attività, supporto in caso di audit); e di prevedere condizioni specifiche nel caso in cui uno dei partner intenda “uscire” dal progetto o sia impossibilitato a proseguirne le attività.

3. Responsabilità delle parti e Responsabilità reciproca. Questa sezione rappresenta il “cuore” del Consortium Agreement. Occorre qui definire vari aspetti: i principi generali, le responsabilità e la suddivisione del lavoro tra i partner (ad esempio, facendo riferimento a specifici “Work Package”); cosa fare in caso di violazioni o carenze significative nella performance di uno dei partner; le condizioni specifiche da applicare nel coinvolgimento di terze parti, nella protezione dei dati, nella reportistica tecnica, nelle procedure e nella documentazione amministrativa. Occorre inoltre definire la misura e il modo in cui i partner del progetto sono reciprocamente responsabili per l’attività svolta, per l’utilizzo dei risultati del progetto e per eventuali danni, negligenze o violazioni prodotti nello svolgimento dell’attività di progetto.

4. Struttura di governance. Questa sezione è molto importante e può essere relativamente lunga e dettagliata perché regola le modalità operative di funzionamento della partnership. La partnership può prevedere ad esempio: un’Assemblea Generale dei membri, che sulla base di un’agenda condivisa e di specifiche regole di voto, discute e prende le decisioni fondamentali per la vita del progetto; un Coordinatore o Capofila, che è il rappresentante unico del Consorzio nelle relazioni con l’Autorità aggiudicante, e di cui occorre definire responsabilità e vincoli; altre eventuali strutture con proprie responsabilità e regole di funzionamento, come ad esempio il Work Package Leaders Group (gruppo di lavoro e presa di decisione più operativo, composto da chi ha la responsabilità di uno dei Work Packages) o l’Expert Advisory Board (per consigli e supporto su questioni controverse o complesse). Ovviamente la complessità delle regole e della struttura della partnership va commisurata alla complessità e ai bisogni del progetto.

5. Disposizioni finanziarie. In questa parte vengono definiti i principi di utilizzo dei fondi, che ovviamente devono seguire quanto previsto dal progetto, in termini di modalità di rendicontazione e di modalità e tempistiche di approvazione dei report e di esborso da parte dell’autorità che gestisce i fondi. I partner devono dunque impegnarsi ad assicurare una buona gestione (rispetto di tempi, rispetto di massimali e tipologie di spesa, flussi di cassa, documentazione di supporto, reportistica tecnica) e devono essere previste misure di monitoraggio e di compensazione in caso di discrepanze e di errori da parte di uno dei partner. Di riflesso, devono essere concordate le modalità di pagamento ai partner da parte del capofila (unico “ricettore di fondi” e unico interlocutore nei confronti dell’autorità di gestione) e i suoi adempimenti nella gestione finanziaria del progetto.

6. Gestione di risultati e informazioni. A seguire, i partner devono accordarsi sulle modalità di attribuzione e uso dei risultati del progetto e di quanto da esso prodotto: in quali casi l’attribuzione e l’uso spettano al partner che li ha prodotti o all’intera partnership; in quali casi e con quali modalità possono essere utilizzati (per eventuali scopi commerciali e non commerciali), trasferiti a terze parti o diffusi al pubblico. Lo stesso si applica, più in generale, alle informazioni cui si ha accesso durante la preparazione e la realizzazione del progetto, ad aspetti di confidenzialità, all’utilizzo di eventuali tecnologie, software o basi di dati prodotti o alimentati dal progetto; e a quali disposizioni applicare, su queste materie, a eventuali partner associati, partner esterni, beneficiari e fornitori.

7. Disposizioni conclusive. Come in ogni documento contrattuale, è opportuno definire le modalità di comunicazione formale (lingua, mezzo, attestazione di invio e ricezione) da utilizzare su aspetti legati al Consortium Agreement stesso (es. accettazione o richieste di revisione, denunce di violazioni o ritiro dalla partnership), la legge applicabile, il foro competente e le modalità di risoluzione di eventuali dispute. È importante prevedere le modalità per concordare modifiche all’accordo e al budget, perché è un’eventualità che si verifica spesso nell’arco della vita dei progetti. Si possono prevedere, naturalmente, articoli addizionali sulla base delle necessità dei partner, ad esempio su questioni di etica e trasparenza o di visibilità, che devono comunque essere sempre in linea con le disposizioni del Grant Agreement. Occorre inoltre indicare la lista degli allegati, da considerare parte integrante del Consortium Agreement.

8. Allegati. Il numero e la natura degli allegati possono variare molto, a seconda della natura dei partner e del progetto. In linea generale, è opportuno definire in allegato: a) il tipo di contributo e di risorse fornito da ciascun partner, con eventuali riserve e condizioni da applicare al momento della realizzazione del progetto e della successiva fase di sfruttamento e diffusione dei suoi risultati; b) il budget del progetto, il suo cronoprogramma, le attività previste, la responsabilità sui vari Work Package e (se presente) il Quadro Logico del progetto; c) altre parti salienti della proposta progettuale; d) i principali modelli e strumenti da utilizzare nell’ambito del progetto (adesione alla partnership, deleghe al capofila, convocazione e minute delle riunioni, report, modalità di archiviazione e di monitoraggio, software e piattaforme utilizzati, contatti delle persone di riferimento e dei loro sostituti, ecc.).